ELETTROSPRAY

 

L’electrospray (o ESI) è la sorgente al momento più diffusa.

Il campione è sciolto in un solvente volatile protico (miscele di acqua e MeOH, di acqua e acetonitrile, MeOH), con eventuale aggiunta di acidi organici (formico, trifluoroacetico) e/o tamponi.

Il campione, sciolto in un solvente polare, è nebulizzato a pressione atmosferica dentro la camera di ionizzazione attraverso un ago tenuto ad un alto potenziale elettrico.

La soluzione passa per un ago capillare con un forte potenziale positivo (3-4 kV), e forma uno spray di goccioline con eccesso di carica positiva.

Le goccioline di spray, che si sono caricate positivamente per azione del campo elettrico, vengono attratte verso una “lente di estrazione di ioni”, che grossolanamente è costituito da un capillare mantenuto sotto vuoto e a un potenziale negativo; in tal modo il sovente evapora e gli ioni carichi sono accelerati verso l’analizzatore

La carica positiva delle goccioline è data da un eccesso di ioni H+.

All’interno delle goccioline, le molecole vengono protonate, e nel frattempo il solvente evapora e la densità di carica della gocciolina aumenta.

Alla fine gli ioni vengono espulsi dalla superficie della gocciolina per repulsione elettrostatica.

Se l’ago ha potenziale negativo si formano, in maniera analoga, ioni negativi

Il processo descritto avviene a pressione atmosferica, quindi all’esterno della zona ad alto vuoto dello spettrometro.

Gli ioni che si formano entrano nello spettrometro attraverso una serie di fenditure fino ad arrivare nella zona a bassa pressione dello spettrometro di massa, dove sono accelerate ed inviate all’analizzatore

Se la molecola ha molti siti protonabili, la sorgente electrospray genera ioni a carica multipla. Nel caso di peptidi grandi e proteine, si possono ottenere ioni con decine di cariche.

Questo è importante perché abbassa il rapporto m/z degli ioni, permettendo di analizzare ioni anche molto pesanti con analizzatori standard.

Quando si formano ioni a carica multipla, non tutti gli ioni generati

hanno lo stesso numero di cariche.

Se il composto ha massa molto grande (come in questo spettro del citocromo C) si formano molti tipi di ioni e lo spettro può presentare molti picchi.

In quest’altro caso una proteina più piccola (il lisozima, MW ≈ 14300) genera solo quattro ioni diversi (in alto).

Ma il numero e tipo di picchi dipende anche dallo spettrometro e dal solvente usati (qui una miscela 1:1 di acetonitrile e di 0.1% HCOOH in H2O). Ecco un altro spettro del lisozima (in basso), piuttosto diverso dal precedente: ma le informazioni che ne ricaviamo sono identiche.

Quando gli ioni prodotti dalla sorgente ESI hanno più di una carica, bisogna conoscere il numero di cariche z per calcolare la massa m dal rapporto m/z misurato.

È ovvio che la carica di due picchi vicini differisce di una unità: quindi, per due picchi contigui, m è lo stesso, mentre z differisce di 1.

Si hanno due equazioni e due incognite (m e z1), si può quindi calcolare m.

 

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