INTRODUZIONE ALLA MICROSCOPIA FOTONICA

 

Poiché qualunque analisi morfologica fa sempre capo all’occhio, è opportuno analizzarne la struttura ed il meccanismo della visione.

Nonostante ogni progresso tecnologico l’occhio come organo visivo, associato al cervello, rimane il sistema più avanzato di elaborazione delle immagini oggi  esistente per velocità e potere risolutivo.

 Bisogna ricordare che il vero e proprio processo della visone avviene nel cervello e non nell’occhio.

L’occhio è un organo sensoriale deputato alla recezione degli stimoli luminosi; nel momento in cui la luce incide sulla retina cede la sua energia ai fotorecettori (coni e bastoncelli) e cessa di esistere come luce, trasformandosi in energia chimica e quindi elettrica che viene trasferita attraverso il nervo ottico al cervello per essere infine elaborata.

L’occhio è paragonabile ad una camera oscura (fig. 1) con una lente frontale, il cristallino (che ha le proprietà di una lente convergente in grado di modificare il suo spessore e quindi la sua distanza focale consentendo così all’occhio di accomodarsi per una visione distinta cioè di mettere a fuoco a tutte le distanze comprese tra l’infinito e circa25 cm), oltre al cristallino è presente  un diaframma dal diametro variabile variabile per regolare la luminosità incidente che è l’iride ed un sistema sensoriale paragonabile alla pellicola che è la retina.

  Funzionamento occhio

Quindi le prestazioni di questo sistema di visione sono date sia dalla possibilità di modificare la lunghezza focale, sia dalla parte fotosensibile.

Vediamo ora come si forma l’immagine sulla retina; quando si osserva un oggetto i raggi di luce riflessi dall’oggetto entrano nell’occhio ed attraversano il cristallino. Il cristallino devia la luce in modo che i raggi provenienti dall’oggetto convergano in un unico punto della retina; i raggi provenienti dall’estremità dell’oggetto si incrociano al centro ottico dell’occhio per giungere nella zona della retina dove formano una immagine capovolta

 

      

 

Il cristallino si ispessisce per mettere a fuoco sulla retina un oggetto vicino, si appiattisce per mettere a fuoco un oggetto lontano.Quando un oggetto si avvicina all’occhio le dimensioni della sua immagine retinica aumentano quindi si distingue nell’oggetto un numero maggiori di dettagli, si ha quindi un aumento della risoluzione.

Ciò si verifica in quanto le dimensioni dell’immagine retinica di un oggetto dipendono dall’angolo sotto cui l’occhio vede l’oggetto o angolo di visione che è formato dai raggi che partendo dalle estremità dell’oggetto si incontrano nel centro ottico dell’occhio.

Com’è facile vedere  questo angolo aumenta quando l’oggetto si avvicina all’occhio, ed è per questo motivo che quando si desidera esaminare più dettagliatamente un oggetto lo si porta più vicino all’occhio affinché questo angolo e quindi la corrispondente immagine dell’oggetto sulla retina, siano più grandi possibili.Tuttavia questa operazione ha un limite in quanto il potere di accomodazione da parte del cristallino si arresta, come abbiamo già detto,

L’ingrandimento di una lente aumenta al diminuire della sua distanza focale. Se il fuoco di una lente è25 mm si potrà avvicinare l’oggetto 10 volte rispetto alla visione ad occhio nudo, ottenendo così un incremento del potere di risoluzione di10, inaltre parole sarà possibile distinguere come separati due punti che distano fra loro0,02 mm(o 20 micron). Questa distanza rappresenta il potere di risoluzione delle lenti convergenti in quanto al di sotto di questa distanza le lenti presentano numerose aberrazioni.

Per ottenere un ulteriore miglioramento del potere di risoluzione si deve perciò ricorrere ad un sistema a due lenti, ottenendo così un microscopio luce composto  (MOC).

Il termine microscopia ottica, usato in contrapposizione a microscopia elettronica, può generare l’equivoco che soltanto la prima utilizzi l’occhio come elemento sensoriale finale. E’ da chiarire che qualsiasi strumento che serva ad esaminare una struttura con intento morfologico, deve in ultima analisi, come già detto all’inizio, fare capo all’organo di senso specifico, l’occhio umano; pertanto è più opportuno l’uso dei termini microscopia fotonica e microscopia elettronica in quanto ciò che contraddistingue le due tecniche è la natura del mezzo con cui si analizza l’oggetto e cioè la luce o, rispettivamente, gli elettroni.

Il microscopio luce composto è un sistema ottico formato da due lenti convergenti dette, rispettivamente, obiettivo e oculare

L’oggetto da osservare viene posto davanti all’obiettivo (lente a cortissima distanza focale) e a una distanza maggiore della sua distanza focale.

L’obiettivo quindi forma dell’oggetto una immagine reale, ingrandita e capovolta. Questa immagine viene fatta cadere davanti all’oculare ad una distanza che questa volta è minore del fuoco dell’oculare.

L’oculare funziona quindi come una lente di ingrandimento per questa immagine, cioè forma per questa prima immagine reale una seconda immagine virtuale diritta e ingrandita. Il risultato finale sarà quindi una immagine virtuale, ingrandita e capovolta rispetto all’oggetto.

Poiché l’immagine viene ingrandita due volte l’ingrandimento finale sarà ovviamente il prodotto dei due ingrandimenti.

Il microscopio luce può essere utilizzato nell’osservazione di oggetti per trasmissione, ma per riuscire ad attraversare l’oggetto, che non deve superare lo spessore di alcuni micron, occorre un fascio di luce sufficientemente intenso. Ciò si ottiene utilizzando un sistema di lenti, detto condensatore, che concentra la luce di una lampada ad incandescenza in un unico punto dell’oggetto. I principali parametri che caratterizzano un microscopio sono il poter di ingrandimento  e il potere di risoluzione. Il primo è definito come il rapporto tra la dimensione dell’immagine ingrandita  e quella dell’oggetto osservato; il secondo è la distanza tra due punti alla quale è ancor possibile distinguerli distintamente, minore è la distanza tra i due punti, maggiore è il potere di risoluzione.

La funzione del microscopio quindi non è solo quella di ingrandire l’immagine di un oggetto, ma soprattutto quella di mostrarci la struttura di quell’oggetto nei suoi minimi dettagli, cioè ottenere il massimo della risoluzione.


Supponiamo per esempio che una certa struttura contenga due piccoli punti molto vicini l’uno all’altro. Se le immagini di questi due punti si sovrappongono come  noi non li vediamo come due punti distinti ma come una struttura unica. Se invece le due immagini sono analoghe allora possiamo parlare di due punti diversi e affermiamo che il microscopio ha separato, ha risolto questi due punti.

Questo si verifica in quanto le onde luminose che provengono da una sorgente puntiforme, passando attraverso una lente non danno mai una immagine puntiforme ma un piccolo “dischetto di diffrazione” che ha un certo diametro “a”; se quindi due punti hanno tra di loro una distanza inferiore ad “a” le loro immagini, cioè i loro dischetti di diffrazione, si sovrappongono e non possiamo più vederli come punti distinti. E’ chiaro che, a questo punto, aumentare l’ingrandimento del microscopio è perfettamente inutile , perché ciò aumenta si la distanza tra i centri delle immagini ma aumenta anche i diametri dei dischi di diffrazione e le immagini dei due punti rimangono sovrapposte.

  (vicino la n si mette il 2 quindi diventa 2n sen)

In cui l  = lunghezza d’onda della luce

n = indice di rifrazione del mezzo interposto tra oggetto e obiettivo

sen a = apertura della lente dell’obiettivo.

Poiché l’indice di rifrazione dell’aria è circa 1 e sen a viene considerato generalmente pari a 1, d risulta proporzionale a ½ l, cioè la metà della lunghezza d’onda della luce; considerando la lunghezza d’onda di 400 nm, il potere di risoluzione del microscopio luce sarà di 200 nm (0,2 micron), come già detto.

Si deduce che, per migliorare il potere di risoluzione di un microscopio si dovrà o aumentare l’indice di rifrazione del mezzo interposto tra l’obiettivo e l’oggetto, o diminuire la lunghezza d’onda della luce. Si può aumentare anche alfa, cioè l’apertura dell’obbiettivo, ma questo richiede una complessa combinazione di lenti per eliminare le aberrazioni in tal caso più evidenti.

Nel primo caso si può interporre tra obiettivo ed oggetto una goccia di olio di cedro che ha un indice di rifrazione uguale a quello del vetro (n = 1,5), si parla in questo di caso di osservazione microscopica ad immersione con un potere di risoluzione di 0,1 micron.

Per quanto riguarda la lunghezza d’onda si può utilizzare la radiazione ultravioletta che ha una lunghezza d’onda minore (200-300 nm) perciò anche in questo caso raggiungiamo un potere di risoluzione di 0,1 micron. Il microscopio  a ultravioletti che utilizza quindi una radiazione con lunghezza d’onda minore della luce visibile impone alcune modifiche, poiché il vetro non è trasparente agli ultravioletti, gli elementi ottici devo essere realizzati con altri materiali come quarzo, fluorite o specchi alluminizzati; inoltre essendo gli ultravioletti invisibile all’occhio umano, per essere visualizzati, l’immagine deve essere resa per fosforescenza o scansione elettronica.

Il microscopio luce è montato su un robusto sostegno detto stativo, la cui parte superiore regge il tubo alle cui estremità si trovano l’obiettivo e l’oculare. La lunghezza meccanica del tubo, cioè la distanza tra la ghiera cui è avvitato l’obiettivo e il bordo superiore del tubo cui poggia l’oculare, e standardizzata dalle varie case costruttrici in160 mm.

Il tubo è collegato allo stativo mediante un sistema a cremagliera, per mezzo del quale è possibile variare la distanza tra obiettivo e preparato ottenendo così la messa a fuoco; questo movimento è possibile agendo su due viti, una macrometrica, per gli spostamenti più grossi, ed una micrometrica per la regolazione fine.

Lo stativo regge anche il piatto dove si appoggia il preparato da esaminare; il piatto è girevole e spostabile lateralmente mediante viti in modo da portare nel campo dello strumento la parte di preparato che interessa.

Subito sotto il piatto si trova il condensatore, il sistema ottico di cui abbiamo parlato che ha lo scopo di far convergere la luce sul preparato.Il limite del potere di risoluzione di 0,1 micron può essere superato con il microscopio elettronico nel quale la sorgente di luce è sostituita da un fascio di elettroni che ha una lunghezza d’onda inferiore alle radiazioni ultraviolette. Si può raggiungere così un potere di risoluzione di tra 5 e 10Angstrom.


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